Durante tutta l’età evolutiva vi è fame affettiva.
Questa sarà soddisfatta fino ai diciotto venti mesi prevalentemente dalla madre; successivamente le richieste affettive del bambino coinvolgono tutto il nucleo familiare: padre, zii, fratelli, cugini. A questa età egli non è più membro di una coppia, ma membro di un gruppo. Soddisfare questa sua fame affettiva è condizione necessaria ed indispensabile per una normale crescita psicologica. Quando ciò non avviene la carenza affettiva si manifesterà con i sintomi caratteristici dell’età. Ad esempio, con atteggiamenti di opposizione, ansia, insicurezza, comportamenti aggressivi, enuresi, encopresi, crisi di pavor nocturnus, isolamento ecc..
Mentre fino ai tre anni, il rapporto con i coetanei è modesto e poco produttivo, dal terzo anno in poi il bambino inizia a prenderli in considerazione in modo positivo e riesce a scambiare e comunicare con loro in modo efficace e sereno. Con i suoi compagni, che prima vedeva come elementi di disturbo, adesso riesce ad organizzare qualche gioco semplice. Ad essi può, ora, spiegare i suoi bisogni ed i suoi svaghi. Può raccontare quanto avviene attorno a lui, nella sua casa e nella sua famiglia. Può proficuamente attirare la loro attenzione.
L’età dei perché.
È sempre a questa età che il bambino non cerca soltanto il nome degli oggetti ma la loro funzione ed il loro uso. È l’età dei perché. Con le domande il bambino acquisisce una miriade di informazioni, ma nel contempo ha la possibilità di attirare l’attenzione degli adulti e di dialogare con loro, così da trovare mediante il contatto affettivo serenità e sicurezza. [1]
In questo periodo la madre cerca di insegnare al figlio il controllo delle feci, così da rimanere pulito. Il bambino, pertanto, capisce che le feci possono essere trattenute e lasciate andare. Se la madre è buona con lui e se vi è un buon rapporto tra i due, è bello soddisfare i suoi desideri e ciò dà soddisfazione e orgoglio al bambino in quanto, se non si sporca, la madre lo approva ed elogia e lui si sente fiero. Ma se ciò non avviene, se la cacca gli scappa ancora nel pannolino e la madre è costretta a pulirlo prova vergogna e umiliazione in quanto avverte la disapprovazione della madre e degli altri familiari. [2]
In questo periodo il bambino è in grado di ricordare i divieti dei genitori ogni qualvolta sorge nella sua mente un impulso proibito. I suoi genitori e le norme e regole ad essi collegati, diventano, gradualmente, la voce della sua coscienza. Pertanto il senso di colpa diventa grande quando le norme, le direttive ed i divieti, sono eccessivi e gli atteggiamenti autoritari sono frequenti. Poiché, inoltre, per il bambino di questa età, ogni misfatto presuppone una giusta punizione, in quanto per lui vige la legge del taglione, egli si aspetta la giusta sanzione e quando questa non viene dall’esterno si autopunisce.[3]
A questa età il suo mondo interiore comprende ora anche il futuro. Il bambino impara, pertanto, a rimandare la immediata soddisfazione dei suoi desideri. Egli è capace di attendere: ‹‹dopo››, ‹‹domani››, ‹‹quando sarò cresciuto››, ‹‹quando sarò grande.››
I confronti.
Sempre a questa età i bambini cominciano a confrontarsi e a confrontare. Confrontano, rispetto a quella degli altri compagnetti, la propria statura, i propri muscoli, l’età, il sesso, la composizione della propria famiglia: ‹‹Io sono più forte.›› ‹‹Io sono più grande di te.›› ‹‹Mio padre è più forte del tuo.›› ‹‹Io ho tre fratelli, tu ne hai uno solo.›› Nel contempo acquistano consapevolezza della propria identità sessuale: ‹‹Sono maschietto››, ‹‹Sono una femminuccia.›› Questa consapevolezza li spinge ad esplorare il proprio corpo e quello degli altri. Ad imitare il genitore dello stesso sesso e a provare verso il genitore del sesso opposto un vivo desiderio di avere con lui un rapporto esclusivo: inizia la fase edipica.
Fase edipica.
In questa fase dello sviluppo psicologico il bambino per Freud sviluppa un intenso amore nei confronti del genitore di sesso opposto. Nel caso del bambino maschietto questi, amando la madre, è geloso del padre del quale vorrebbe la morte. Ma poiché questo suo amore è impossibile, in quanto la madre ama e continua ad amare il padre e poiché da quest’ultimo egli teme la violenza sul suo corpo (minaccia di castrazione), il bambino si trova costretto a rivolgere altrove i suoi desideri amorosi mentre nel contempo è stimolato a recepire tutte le caratteristiche paterne (identificazione con il padre), per poi proporre con successo le profferte amorose al di fuori della sua famiglia.
Il processo di identificazione è importante in quanto mediante l’identificazione il bambino prende su di sé le caratteristiche della persona adulta del suo stesso sesso e quindi assimila la dolcezza, le capacità di cura, la tenerezza materna oppure la forza, la determinazione, la sicurezza, paterna. In ogni caso egli si sente più adulto e quindi più adeguato e capace.[4]
La fase edipica, che ha importanti risvolti positivi in quanto migliora e definisce meglio sia l’identità sia il ruolo sessuale, mancherà delle sue funzioni se tra i genitori non vi è l’armonia e la stima dovuta e se il genitore dello stesso sesso non ha una buona accettazione della sua mascolinità o femminilità. Per OSTERRIETH ‹‹Esistono pochi altri momenti nella vita del bambino in cui è ugualmente importante per lui avere dei genitori affettivamente equilibrati, che formino una coppia unita: il padre veramente virile, la madre veramente femminile; entrambi sufficientemente sicuri di se stessi da accogliere, con la stessa calda serenità la espressione dei sentimenti, a volta a volta teneri o ostili del bambino, e capaci di non fissare malaccortamente il bambino nel suo complesso edipico, accrescendo sia la sua aggressività sia il suo attaccamento e, in ogni modo, il suo sentimento di colpa.››[5]
Tratto dal libro di Emidio Tribulato "Il bambino e l'ambiente" -(Volume unico)
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[1] Cfr. P. A. P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 91.
[2] Cfr. S. Wolff, Paure e conflitti nell’infanzia, Armando Armando Editore, Roma,1970, p. 24
[3] Cfr. S. Wolff, Paure e conflitti nell’infanzia, Armando Armando Editore, Roma,1970, p. 27.
[4] R MILITERNI, Neuropsichiatria infantile, Editore Idelson Gnocchi, Napoli, 2004, p. 98.
[5] P. A. OSTERRIETH, Introduzione alla psicologia del bambino, Firenze, Giunti e Barbera, 1965, p. 120.